Vi sono degli esseri misteriosi - sempre gli stessi - che
se ne stanno come sentinelle a ogni bivio della vostra esistenza diceva Modiano nel romanzo Villa triste. Persone che, casualmente, hanno sfiorato le nostre
vite eppure hanno lasciato tracce - più o meno visibili - ma imprescindibili.
Di persona, il nostro rapporto durò soltanto alcuni mesi,
ma la nostra corrispondenza diciotto anni.
È questo il caso di Arthur Opp e Charlene Turner. Professore e studentessa, un tempo. Relitti umani,
scarti sociali, ora. L'uomo, intrappolato in un involucro di carne, da anni
ha smesso di insegnare e non esce più di casa. L’unico legame con il mondo
esterno è lo scambio epistolare che
intrattiene con Charlene.
Uno scambio che elude la realtà, che la ricostruisce omettendo particolari della vita di entrambi. Fino a un punto di non ritorno. Fino
a quando Charlene si troverà costretta a chiedere aiuto all’unica persona in cui
abbia mai creduto: Arthur. Il castello
di bugie, sapientemente costruito nel corso degli anni, sgretolandosi, rivelerà verità
inaspettate. Come il figlio, Kel, giovane
promessa del baseball, che Charlene vorrà affidare al vecchio professore.
La storia - venata di
malinconia e grazia - orchestrata dalla statunitense Liz Moore nel romanzo Il peso (Beat, traduzione di Ada Arduini, pagg. 351, 9 euro) narra dell’incontro di più solitudini. Partendo da una consapevolezza: nessuno si salva da solo.
Ho avuto il piacere di
incontrare la scrittrice in occasione della manifestazione letteraria Libri
Come svoltasi a Roma nel
mese di Marzo.
Il
romanzo è strutturato in diversi capitoli in cui si alternano i punti di vista dei
protagonisti: Arthur Opp e Kel Keller. Un uomo e un ragazzo, due figure
maschili. È stato difficile restituire la voce di questi personaggi?
In un certo senso sì, ma in realtà il sesso dei protagonisti
non è stato determinante. L’obiettivo era cercare di restituire una voce
autentica, credibile. Ho scelto di narrare questa storia usando la prima
persona singolare e, nel momento in cui - dopo vari tentativi - sono riuscita a
trovare e plasmare i personaggi di Arthur e Kel, mi sono resa conto che questa alternanza
narrativa sarebbe stata la chiave migliore per la struttura del romanzo.
Una
figura centrale de Il peso è
Charlene, filo rosso che collega le due figure maschili. Nonostante l’importanza
che ha questo personaggio, tutto quello che sappiamo della donna viene dalle
parole, dai racconti e dai ricordi di Arthur e Kel.
Inizialmente, il libro presentava una struttura diversa: si
alternavano tre/quattro voci. Una di queste era quella di Charlene. Sebbene abbia
provato a mantenere il suo punto di vista, durante la stesura, mi sono resa
conto di quanto non fosse in armonia con le restanti parti del testo. Non
riesco a spiegare esattamente il motivo. Alla fine, rendendomi conto dell’evidenza,
ho pensato che sarebbe stato più interessante provare a eliminare completamente
la sua voce e permettere al lettore di conoscerla solo attraverso il riflesso -
le parole - dei due uomini che più le sono stati vicini. Utilizzando questo
espediente narrativo, ho voluto enfatizzare ulteriormente la sua complessa
fragilità. Charlene non è solo un personaggio alla deriva, è soprattutto
un essere umano che si è perso durante il
cammino della vita.
Una curiosità:
la quarta voce a cui accennava era quella di Yolanda?
Si,
esatto. (sorride).
Soffermandoci
sul significato del titolo Il peso due
possibili interpretazioni nascono spontanee: il peso in senso letterale, come massa
corporea di Arthur Opp ma, anche, un peso simbolico, metaforico. Il peso della
solitudine, delle scelte sbagliate che permea la maggior parte delle pagine del
testo e che - in diverse sfumature - è presente nella vita di tutti i
protagonisti. Come è arrivata a questo titolo?
Non
esistendo un equivalente diretto, è molto difficile tradurre in una qualsiasi
lingua romanza la parola inglese “heft”. Personalmente, è come se mi
immaginassi, sulle spalle di tutti i personaggi presenti nel testo, una sorta
di peso, di carico emotivo. L’accezione più letterale del termine non è da
ricercare solo nei problemi di obesità che riguardano Arthur: vi è un punto
preciso, nel romanzo, in cui Kel solleva fisicamente la madre. La donna, da
sempre incapace di accudire il figlio, diventa a sua volta un peso fisico,
tangibile per il ragazzo; nello stesso modo in cui - come dicevo poco fa - lo
diventa il corpo per Arthur. Entrambi i personaggi portano e sopportano un peso
fisico ed emotivo. Inoltre, in inglese, la parola “heft” racchiude in sé una
sfumatura di gravità, solennità, serietà che può fornire una terza ulteriore
chiave interpretativa al titolo del libro.
Le pagine
che descrivono l’incontro tra Arthur e Charlene sono ricche di richiami al
mondo della letteratura. Quali sono stati gli autori che più hanno influenzato
la sua prosa?
I modernisti
inglesi, americani e irlandesi. È quasi un cliché, ma non posso non citare
James Joyce, in particolare “Gente di Dublino”: è stato il primo momento in cui
mi sono sentita quasi fisicamente trasportata da un testo, in quel caso da una
raccolta di racconti. È stata la prima volta in cui ho percepito pienamente il
potere della letteratura. Ero abbastanza giovane quando ho letto quel libro e,
dopo, ho scoperto molti altri autori: da Flannery O’Connor a Katherine Anne
Porter, successivamente Alice Munro e William Trevor.
Forse
anche per questo bagaglio letterario-culturale, Il peso è nato prima come racconto e poi, solo in un secondo
momento, come romanzo.
Ti sei
documentata. (ride).
Forse... In ogni caso, anche in un racconto è necessaria
una certa tensione narrativa. È necessario che accada qualcosa. Non funzionava
né come racconto né come romanzo fino a quando non ho capito che sarebbe stato
necessario introdurre altri personaggi per complicare la storia di Arthur. A
quel punto, mi sono resa conto che ci sarebbe stato abbastanza materiale per
costruire un intero libro.
Ottima
domanda. Direi molto. Gli aspetti dell’insegnamento che Arthur ama sono gli
stessi che amo io. Mi piace accompagnare gli studenti alla scoperta delle opere
che mi hanno colpito, vedere i loro volti illuminarsi - per la prima volta –
affrontando lo studio di un determinato autore. Ho trasmesso ad Arthur tutto
questo. Al tempo stesso, non sono così lontana temporalmente dal momento in cui
ero “semplicemente” una studentessa. Posso ricordarmi molto bene la vicinanza
che si era instaurata con alcuni professori. E non parlo di una vicinanza
emotiva – non conoscevamo nulla delle reciproche vite private. Nutrivo un
estremo rispetto nei loro confronti, un’affinità elettiva. Anche se la
relazione tra Arthur e Charlene non è stata lunga, proprio per la mia
esperienza personale, posso comprendere pienamente quanto abbia significato per Charlene incontrare
Arthur, quanto sia stato importante condividere con lui un tratto - seppur breve - della propria vita. E
che per lui sia stato lo stesso.
Il
finale de Il peso è aperto. Sarà
possibile ritrovare questi personaggi in un altro lavoro?
Sto
ultimando un libro che non ha nulla a che vedere con questi personaggi. Non
rifuggo completamente l’idea di far tornare – in un modo o l’altro – uno dei
protagonisti de “Il peso”, in un ipotetico futuro. È un espediente utilizzato
spesso in letteratura. Forse, se
dovessi richiedermelo tra qualche anno, la mia risposta sarebbe diversa. Per
adesso, sono interessata ad altre storie e ad altri personaggi.
Può darci
qualche anticipazione sul testo al quale sta lavorando? È prevista la
pubblicazione in Italia?
Dovresti
chiederlo a loro (indicando lo staff della casa editrice).
La pubblicazione
negli Stati Uniti è prevista per maggio 2016. È un romanzo che ruota attorno
alla relazione tra un padre e una figlia. Il padre è uno scienziato - lavora nel
campo della tecnologia - con diversi segreti
che la figlia sta tentando di scoprire.
Qualcosa
di completamente diverso sì, ma i legami familiari e non ritornano...
Si, è
molto diverso rispetto a “Il peso”, ma è ancora incentrato sui personaggi: mi
interessa ciò che succede nelle loro vite. I legami familiari sono il cuore del
romanzo: un’ulteriore similitudine è data dalla presenza di un adolescente nel
testo. Per svelare i segreti del padre, la mia protagonista dovrà aprirsi al
mondo - un po’ come Arthur e Kel – e iniziare a intessere relazioni che vanno
oltre il nucleo familiare. I legami più importanti sono quelli che decidiamo di
scegliere, ogni giorno.
Intervista e traduzione di Francesca
Marson
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