Cosa sareste
disposti a fare per trovare il vostro posto nel mondo?
Paolo Re, musicista, compositore e scrittore, ha deciso, con coraggio e un pizzico di follia, di lasciare tutto e trasferirsi con l'intera famiglia - cane e gatto compresi - down under, ad Auckland, Nuova Zelanda.
Da questa incredibile esperienza è nato My family goes to Auckland (Fazi, pagg. 268, 14 euro), un testo che vi sorprenderà.
Dimenticate le solite guide turistiche. Questo libro è molto di più: è la storia di un'avventura, un invito a seguire i propri sogni, a rinnovarsi, rischiando tutto. Ed è, senza dubbio, un omaggio ad un paese lontano e poco conosciuto: la Nuova Zelanda.
Leggetelo e vi verrà voglia di prendere il primo aereo, per vedere con i vostri occhi il cielo infinito e magico di Kiwiland. Ma non solo: leggete tra le righe e vi verrà voglia di tirare fuori tutti i sogni dal cassetto, metterli in fila e realizzarli senza più paura.
My family goes to Auckland è un libro che sfugge alle classificazioni.
Paolo Re, musicista, compositore e scrittore, ha deciso, con coraggio e un pizzico di follia, di lasciare tutto e trasferirsi con l'intera famiglia - cane e gatto compresi - down under, ad Auckland, Nuova Zelanda.
Da questa incredibile esperienza è nato My family goes to Auckland (Fazi, pagg. 268, 14 euro), un testo che vi sorprenderà.
Dimenticate le solite guide turistiche. Questo libro è molto di più: è la storia di un'avventura, un invito a seguire i propri sogni, a rinnovarsi, rischiando tutto. Ed è, senza dubbio, un omaggio ad un paese lontano e poco conosciuto: la Nuova Zelanda.
Leggetelo e vi verrà voglia di prendere il primo aereo, per vedere con i vostri occhi il cielo infinito e magico di Kiwiland. Ma non solo: leggete tra le righe e vi verrà voglia di tirare fuori tutti i sogni dal cassetto, metterli in fila e realizzarli senza più paura.
My family goes to Auckland è un libro che sfugge alle classificazioni.
A prima vista
potrebbe sembrare una guida, ma è anche un libro di avventura, una sorta di
diario personale. Perché questa struttura così particolare?
Di guide turistiche sono piene le librerie, ma le ho
sempre trovate molto asettiche, fredde e schematiche, prive dell’energia
potente che invece dovrebbe avere un viaggiatore, un avventuriero - perché
quello sei quando emigri - e poi, perché quando decidi di trasferirti o anche
prendi solo in considerazione l’idea di farlo, se dove stai andando c’è un
amico al quale puoi appoggiarti e accogliendoti può consigliarti e farti vivere
più serenamente ogni passo nel tuo “Nuovo Mondo” è decisamente meglio, oltre
che più semplice. E poi perché volevo
raccontare una storia che fosse anche utile. Magari
anche solo piccoli pezzi per ognuno, perché, in fondo, io credo che le nostre
vite siano fatte di tanti piccoli pezzi e la fatica, o il divertimento, sia
trovarli, metterli insieme al momento giusto e farci sentire felici.
Dal libro traspare un grande amore per la Nuova Zelanda, la voglia di ritrovarsi e rinnovarsi che l'ha portata al trasferimento. È bastato questo per scegliere proprio Kiwiland?
Dal libro traspare un grande amore per la Nuova Zelanda, la voglia di ritrovarsi e rinnovarsi che l'ha portata al trasferimento. È bastato questo per scegliere proprio Kiwiland?
L’idea ci è venuta tre anni prima di trasferirci:
cercavamo un posto nel mondo dove poter maturare come famiglia, dove far
crescere serena nostra figlia e dove ritrovarci artisticamente. Per
noi la possibilità di rigenerarci - il nostro lavoro è alla ricerca continua di
ispirazione, che si tratti di note, parole o immagini - e per lei di liberarsi da
tanti stereotipi legati alla vita nelle metropoli. Siamo venuti in vacanza,
siamo caduti in questo cielo infinito e non ne siamo ancora usciti. Qui non c’è
il cielo sopra, ma tutto è sotto il cielo. Il più grande e luminoso che abbia mai
visto.
Come scrive
all'inizio del libro, lei si è trasferito quando ancora non c'era crisi. Non
crede che, oggi come oggi, la vera sfida sia rimanere più che prendere tutto e
andare all'estero?
Non saprei sinceramente. Io avevo necessità di cambiare.
Di ritrovare passione, divertimento, creatività. Se il tuo lavoro è fatto di
note, parole, suoni e immagini non puoi permetterti di farlo diventare routine.
Per gli altri, ma soprattutto per te stesso. Ecco che così ho deciso di
lasciare il certo per l’incerto, lasciare una vita (almeno quella
professionale) tranquilla e di successo per cominciare a riscoprirmi, produrre
qualcosa che artisticamente mi soddisfacesse e a volermi di nuovo finalmente
bene. Con ciò penso che la scelta di partire sia soggettiva, il mio mondo era
diventato troppo stretto per me, e non credo fosse l’Italia colpevole o forse
anche... Molti possono essere i fattori scatenanti. Credo sia un po’ come il
blocco dello scrittore, o l’astinenza dal goal del grande attaccante, era tutto
molto prevedibile. Non so. Sta di fatto che non mi sentivo più appassionato o
creativo abbastanza e a mio modo di vedere quando succede bisogna avere il
coraggio di farsi da parte, di trovare un luogo dove ricaricarsi, e ritrovare
ispirazione. Ecco, la sfida se proprio deve essercene una era con me stesso e
con nessun altro. Nel mio lavoro si crea qualcosa di profondamente inutile:
canzoni, storie, musica. Non si possono mangiare, non risolvono i problemi
finanziari delle famiglie in difficoltà e non abbassano il debito pubblico o lo
spread. Qualche volta, forse, ci aiutano a sognare ci regalano leggerezza e
scoperte, e per questo motivo devono essere qualcosa di veramente bello, perché
i sogni di ognuno sono speciali e devono vivere avventure in storie eccezionali
o canzoni meravigliose. Penso questo e ammiro chiunque produca qualcosa di
bello per le nostre vite.
Domanda banale ma obbligatoria. Le è mai venuta voglia di tornare in Italia? Cosa le manca di più del nostro paese?
Ogni giorno, naturalmente. In Italia ho lasciato i miei genitori, Amici carissimi e tante cose buone da mangiare, soprattutto. Non scherzo, e credo che alla fine, solo emigrando, allontanandoti dal tuo paese d’origine per un lungo periodo riesci a renderti conto di cosa avevi a disposizione e magari anche cosa era effettivamente mancante. Non credo a chi dice che dove viveva prima era tutto uno schifo e dove invece sta ora è tutto miele. A meno che non si stia parlando di paesi dove non esiste democrazia, dove i diritti dell’essere umano sono ignorati e dove guerre e povertà sono la quotidianità.
Cosa mi manca? Un panino con il salame.
Trasferirsi
letteralmente dall'altra parte del mondo dev'essere, senza dubbio, un'avventura
elettrizzante ma, al tempo stesso, difficile. Di tutti gli aspetti che indicato
nel libro, a quale si è adattato con più difficoltà, una volta arrivato in Nuova
Zelanda?
Mi adatto a tutto, difficilmente ho schifo e rifiuto
qualcosa. Anzi, sono molto curioso e aperto ad ogni novità e scoperta, ma con
il carpet (merdosa moquette con cui ricoprono tutti i pavimenti) non ci riesco
proprio. É qualcosa di malato. Si trova molto spesso anche in bagno. Orribile!
Uno dei consigli
che dà per i preparativi
per il trasferimento è di mettere dei libri in valigia. Quali libri ha
scelto prima del suo viaggio?
Adoro leggere, divoro i libri, adoro comprarli, toccarli, averli tra le mani e la cosa che mi manca è sedermi davanti alla mia libreria a
muro a casa.
E così chiedo ad alcuni autori di accompagnarmi dovunque
vado: D.F. Wallace e il suo Infinite Jest che mi è costato di spedizione (per
il peso) più del mio viaggio aereo, oppure Murakami - quando venimmo tre anni
fa sul viaggio d’andata lessi 1Q84 - e poi l’irrinunciabile (per me)
Shakespeare e cose di Lou Reed, De Lillo, Frantzen, Warhol e classici vari. Poi
molte cose me le sto ricomprando in inglese, sono affascinato e incuriosito
dalla possibilità di ricevere stimoli e immagini diverse da storie che già
conosco in una lingua diversa. Non posso rinunciare. Le storie sono la nostra
presenza, il nostro andare, il nostro abbracciare la vita, anche quella che non
siamo in grado di vivere, e il nostro constatare che ci sono altri, tanti altri
come noi e poi ci aiutano a liberarci da molti momenti di solitudine. A me
succede così. Ma anche quando scrivo una canzone o faccio una fotografia. Credo
sia un grande privilegio.
Grande spazio, in
ogni capitolo, viene dato al popolo e alla cultura Maori. Come sono i rapporti
tra i Maori e i Pakeha, nome usato dai primi per indicare gli Europei? C'è
stata una reale integrazione?
Kiwiland raccoglie tantissime culture. I maori mi
sembrano completamente integrati, i giovani studiano, vanno all’università sono
inseriti e direi coinvolti nella società, ma la cultura e le tradizioni Maori,
come quelle Samoane e Fijiane, e di tutti i popoli di quest’area del Pacifico
sono radicatissime e difficili da abbandonare. E’ uno stile di vita diverso
dagli europei per quanto da parte di tutti ci sia un grande sforzo per
conoscersi sempre più approfonditamente cercando di condividere le proprie esperienze e storia.
Comunque, il popolo neozelandese come scrivo nel libro è
un mix di etnie e l’unica possibilità di condivisione degli spazi “felicemente”
è il rispetto da parte di tutti. Le comunità cinese e coreana, per esempio,
come quella indiana sono molto forti sia economicamente che socialmente.
Quali sono i suoi
progetti futuri? Tornerà a parlare delle
meraviglie di Kiwiland?
Il mio lavoro di autore mi porta a raccontare di ciò che
vivo e respiro ogni giorno. Mi piace osservare, raccontare e scrivere storie,
ma soprattutto adoro avventurarmi per imparare. E poi, credo sia una grande
fortuna poter utilizzare strumenti e linguaggi diversi per esprimersi.
Nel prossimo futuro c’è il ritorno della musica e un
altro libro, nel frattempo continuerò a raccontare questo paese… almeno fino al
prossimo trasloco.
Intervista
di Francesca Marson
Da una parte lo ammiro, infondo sento anche io la voglia di cambiare, ma non andrei così lontano da casa..forse per un periodo si, ma non trasloco senza data di scadenza! Anche se poi..che cosa è casa? anche solo una persona può fare casa! E comunque, se mai decidessi di fare un giro da quelle parti, so che questa sarà una lettura molto interessante =)..
RispondiEliminaMai come in questi ultimi anni, ho capito che CASA è il posto in cui abitano le persone che ami. Il libro è comunque interessante a prescindere, anche se non dovessi mai andare in Nuova Zelanda ;) Per me, è stato un vero viaggio, una piccola possibilità di immaginare il cielo immenso e cangiante di Kiwiland.
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