FOCUS ON #9: Giornata della Memoria





 
Since then, at an uncertain hour,
That agony returns:
And till my ghastly tale is told
This heart within me burns.
 



Come il Vecchio Marinaio di Coleridge, che sente l'esigenza di raccontare incessantemente la sua storia, costringendo chiunque a prestare attenzione, così Primo Levi, da sopravvissuto, tenta, fino alla fine, di testimoniare.

Nella sua ultima opera, I sommersi e i salvati, vi è un estremo tentativo che supera i testi precedentemente redatti. Levi va oltre, non si ferma al necessario conoscere, prova ad arrivare a quell’impossibile comprendere. Ogni aspetto dell’universo concentrazionario viene analizzato dallo scrittore in modo lucido e distaccato, quasi non fosse stato lui stesso una vittima. La comunicazione all’interno del campo, il senso di vergogna dei sopravvissuti, la violenza inutile, il ruolo degli intellettuali ad Auschwitz sono solo alcune delle molteplici tematiche sviscerate ne I sommersi e i salvati.

Ed è in questo testo che viene definito uno dei concetti più innovativi della letteratura relativa all’Olocausto: la zona grigia. Quella zona che separa e allo stesso tempo congiunge i due estremi che noi vorremmo mantenere ben distinti, in cui vengono collocate tutte le persone che in qualche modo hanno collaborato, anche solo passivamente, con i nazisti.

L’esempio estremo che fornisce Levi è dato dai membri dell’unità speciale addetti ai forni crematori: persone che hanno vissuto a fondo l’orrore del lager e che, per questo motivo, avrebbero potuto restituire una testimonianza vera dell’abisso.

Alla fine del conflitto, scavando nel terreno attorno ai resti dei crematori di Auschwitz, vennero trovati diversi manoscritti degli uomini del Sonderkommando. Gli uomini che facevano parte di questa squadra speciale erano giovani tra i diciotto e i venticinque anni, provenienti dalla Polonia, dall’Ungheria, dalla Grecia, che arrivavano ad Auschwitz dopo mesi o anni di reclusione nei ghetti. Avevano compiuto un viaggio atroce. Affamati e assetati, venivano prelevati già dalla Judenrampe e strappati dalle loro famiglie. 

Interessatevi a questo documento, poiché contiene un materiale molto importante per la storia.

Ripetuto in quattro lingue, questo frammento racchiude in sé l’esigenza della testimonianza, sentita maggiormente da chi percepiva la fine dell’orrore, l’avanzata degli Alleati, ma sapeva che non avrebbe avuto tempo sufficiente per vederla. Di chi sapeva che non avrebbe avuto nessuna compassione postuma.

Gli uomini del Sonderkommando venivano, infatti, considerati dagli altri prigionieri dei traditori e, per questo , erano soprannominati corvi neri dei crematori. Levi, ne I sommersi e i salvati, considera l’aver organizzato le squadre il delitto più demoniaco del nazionalsocialismo. Attraverso questa istituzione, si tentava di spostare sulle vittime il peso della colpa, così che a loro non rimanesse neanche la consapevolezza di essere innocenti.

Ma perché accettare un lavoro così aberrante? Perché non ribellarsi e preferire la morte? La risposta può essere trovata nel libro La voce dei sommersi, una raccolta di manoscritti di membri del Sonderkommando trovati ad Auschwitz.

Il coraggio di togliersi la vita, cosa che nessuno ha fatto. Perché? […] il fatto che ciascuno nel subconscio è dominato dalla volontà interiore di vivere, dal desiderio di vivere e sopravvivere. […]  La verità è che si vuole vivere a ogni costo, si vuole vivere perché si vive, perché tutto il mondo vive.

Salmen Lewental

 

Non leggeteli oggi, solo perché è la Giornata della Memoria. Segnatevi i titoli e aspettate. Ogni libro ha il suo momento. Testi come questi, forse, ancor più di altri.


 
 

 

3 commenti:

  1. Un articolo toccante ed equilibrato, privo della trita retorica che (spesso) circonda giornate come questa. Due libri molto diversi che, visti insieme, diventano le due facce della stessa orribile medaglia.

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  2. Grazie Mari! Non è stato semplice scrivere l'articolo e le tue parole mi fanno davvero piacere :)

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  3. Da 3 anni questa giornata ha un sapore amaro ma concreto...
    La storia non va mai dimenticata, la storia ha portato il presente ad essere quello che è, la storia come dice un cantautore "siamo noi".
    Bisogna ricordare le brutture della guerra, ma anche la bellezza del sorriso dei nostri nonni quando ricordano il giorno della liberazione (W il 25 Aprile!), il coraggio che qualcuno ha avuto a raccontare queste cose letteralmente incredibili...
    Dimenticare il passato porterebbe l'uomo a perdere l'intelletto, ad essere molto meno di molti animali...

    E' stato bello leggere questo articolo, come è bello leggere le storie di Primo Levi, di Mario Stern e altri (è tardi e nn posso tirarmela da colto più di tanto), è bello perchè sono storie vicine a noi, che potrebbero essere state vissute dai nostri nonni, ci si sente a casa quando si racconta di queste storie...

    "Non riusciamo a capire di quanto poco abbiamo bisogno in questo mondo finchè non ne conosciamo la perdita" (J. M. Barrie)

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